Migliaia di certificati da emettere nel giro di una settimana, con il rischio concreto di creare un ingorgo, reso ancora più complesso dal fatto che mancano le indicazioni operative essenziali per sciogliere gli ultimi dubbi delle imprese: arriveranno con una circolare, presumibilmente entro la fine della prossima settimana.
L’Agenzia delle Entrate ha appena pubblicato (provvedimento 54730/2020, con due allegati) il nuovo modello di certificazione, che servirà ad aggirare gli adempimenti introdotti dall’art. 4 del D.L. 124/2019 in materia di controlli sulle ritenute negli appalti privati. Aggravano così la preoccupazione degli operatori in vista del versamento delle ritenute di gennaio (17.02.2020).
Al riguardo, si ricorda che devono essere esaminati specifici requisiti. ll primo requisito riguarda l’esistenza in vita da almeno 3 anni. Il controllo potrebbe riferirsi, semplicemente, alla data di apertura della partita Iva, oppure complicarsi richiedendo, oltre a tale requisito, anche qualche altro elemento, come, ad esempio, la presenza di ricavi nei 3 periodi d’imposta. Particolarmente delicata è la posizione dell’impresa che ha ottenuto la partita Iva da un tempo inferiore, ma deriva da un’operazione straordinaria (esempio: fusioni proprie, scissioni o conferimenti in una NewCo): potrebbe, infatti, essere controproducente per l’intera economia che operazioni di riorganizzazione aziendale (o veri e propri salvataggi) mettano a rischio l’operatività impedendo l’accesso al Durc fiscale.
Non troppi problemi dovrebbe creare la seconda condizione (essere in regola, nell’ultimo triennio, con gli obblighi dichiarativi), anche perché l’allegato B menziona le sole dichiarazioni dei redditi. Più complesso appare, invece, il rispetto del terzo requisito: l’ammontare dei versamenti effettuati sul conto fiscale nei tre periodi d’imposta a cui si riferiscono le ultime dichiarazioni deve superare il 10% dei ricavi o compensi dichiarati nel medesimo triennio. In proposito desta preoccupazione la posizione di consorzi e società consortili create per la partecipazione ai bandi di gara, ma che poi affidano ai propri soci l’esecuzione dell’opera o dei servizi. Queste strutture passanti chiudono il bilancio in pareggio o con margini molto risicati (negli ultimi anni spesso in perdita) e sono dotati, in genere, dei soli dipendenti strettamente necessari alla gestione amministrativa dell’appalto. Generalmente l’Iva a debito (sempre che esista, visto che potrebbero esserci ipotesi di reverse charge o split payment) non supera l’Iva a credito, il che significa che, pur avendo ricavi rilevanti, i versamenti sul conto fiscale sono scarsi. Eppure queste sono proprio le strutture a diretto contatto con i committenti, e quindi sono le prime a cui è richiesto il certificato.
In merito all’ultimo requisito (assenza di carichi a ruolo – anche contributivi – per importi superiori a 50.000 euro scaduti e non pagati) è importante il chiarimento che la verifica debba essere effettuata solo sul totale delle imposte, ritenute e contributi, senza sanzioni, interessi ed altri oneri.